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Arte e Fotografia

Immagini e Parole

Nel corso di alcuni decenni ormai ho sviluppato un forte interesse per l'approccio junghiano alle immagini, e il mezzo fotografico mi permette di approfondire gli aspetti terapeutici dell'arte (si veda il video su fotografia e neuroplasticità), o semplicemente di apprezzare la bellezza delle piccole cose che ci circondano.

Cerco spesso di cogliere l'unicità di dettagli che, estratti dal loro contesto, assumono una sintesi simbolica, un senso nuovo.

Credo che forse, come ha detto qualcuno, chi conosce solo la medicina non sappia davvero nulla di medicina.

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Fotografia consapevole, ma non troppo

Istinto, conoscenza tecnica e consapevolezza. La fotografia contempla tutte queste componenti che talvolta guidano singolarmente il fotografo per una vita intera; in altri casi si avvicendano o si mescolano, modellando lo sguardo del singolo individuo.
Ecco perché i fotografi non sono tutti uguali.

La distinzione che segue non vuole rappresentare una classificazione scientifica o un modo esaustivo per riassumere i tanti stili fotografici in circolazione, ma una parziale semplificazione del modo in cui le componenti umane influiscono sul processo creativo, narrativo e di interpretazione della realtà sotto forma di immagine. Questo scritto riprende il lavoro di Riccardo Pedica ed è ispirato al suo "Il viaggio del fotografo: Scopri la bellezza fuori e dentro di te con la Mindful Photography".

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L’ISTINTO DEL CLIC

Quella istintiva potrebbe essere definita la prima fase di questo processo. Il fotografo istintivo solitamente ama scattare in ogni occasione e, cosa indispensabile, è spinto dal desiderio di dimostrare agli altri quanto valga, di essere approvato e riconosciuto. Fotografa un po’ di tutto senza pensare troppo ed è solitamente distante da questioni culturali fotografi- che. È importante sottolineare che la componente istintiva (o istintuale, uma- na, che proviene per lo più da una parte del nostro cervello che si chiama sistema limbico) è sempre presente in ogni forma espressiva, spesso affiancata al “caso”, altro elemento non prevedibile che si insinua anche nella fotografia consapevole,

producendo risultati singolari e difficilmente replicabili proprio per il fatto di non essere cercati.

 

 

“L’ISTINTO CONSAPEVOLE”

La storia della fotografia è fatta anche di esempi illustri di autori che hanno fatto dell’istinto un elemento centrale di tutta la loro ricerca. Basti pensare a una parte della fotografia concettuale e di sperimentazione che, soprattutto negli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso ha seguito un percorso a ritroso partendo da un’idea o da un pensiero “consapevoli”, ai quali dare forma ricorrendo a pratiche basate sulla rinuncia all’intenzionalità per mezzo di una tecnica padroneggiata in modo non convenzionale. Ne è un esempio emblematico il concetto di inconscio tecnologico elaborato da Franco Vaccari, secondo il quale «Non è importante che il fotografo sappia vedere, perché la macchina fotografica vede per lui». Questo concetto scardina i condizionamenti visivi dell’au- tore che possono limitare le potenzialità della fotografia e punta a dimostrare che quando la macchina fotografica viene la- sciata agire autonomamente essa induce comportamenti, relazioni e funzioni fondamentali per la definizione del significato stesso della fotografia nella contemporaneità. Un discorso analogo si può fare a proposito delle sperimentazioni sui materiali fotosensibili fatte in camera oscura e in camera chiara da Nino Migliori, uno degli artisti contemporanei più eclettici e prolifici della fotografia italiana, condotte in parallelo con la sua documentazione sociale a partire dall’immediato Secondo dopoguerra.

 

GLI STEP SUCCESSIVI

Tornando alla nostra classificazione, un possibile processo di evoluzione potrebbe contemplare, dopo la fase istintiva, almeno altri due step da percorrere: la fase tecnica e la quella mindful (consapevole). Il fotografo tecnico partecipa a forum di settore on line, dove si confronta con al- tri fotografi. Si differenzia dal fotografo istintivo per l’attitudine a credere molto nelle sue capacità, è fiero dei risultati che riesce a prevedere e per questo ama pubblicare o condividere le sue foto. È ancora dipendente dal giudizio degli altri e si sente legittimato solo quando qualcuno ne conferma il valore (la cosiddetta autostima percepita). Solitamente aspira a seguire le orme dei grandi maestri, provando a capire e ad applicare la tecnica che si nasconde dietro a ogni fotografia.

Il fotografo tecnico ha una discreta capacità di composizione, fotografa con rigore tecnico e si interessa notevolmente all’attrezzatura. Tuttavia, quello che forse gli manca è la libertà di esprimere se stesso, di trovare la propria voce, per così dire, una firma riconoscibile: spesso copia lo stile di altri senza concentrarsi molto sulla ricerca del proprio.

 

MINDFULNESS

Significa consapevolezza ed è l’aspetto che domina la terza fase dell’evoluzione dello sguardo fotografico. Vuol dire in- nanzitutto conoscere e poi agire quasi esclusivamente per ciò che veramente piace o interessa, quindi senza aspirare né al risultato finale né al riconoscimento del pubblico. Il fotografo consapevole è immerso semplicemente nel processo e si concentra su ogni aspetto della realizzazione della propria foto. Praticare la mindfulness aiuta ad essere “qui e ora”, ma la consapevolezza può esserci paradossalmente anche nel porsi in modo deliberatamente inconsapevole, affidandosi al caso, agli automatismi (un po’ come facevano i Surrealisti), in grado più dell’occhio umano di catturare immagini non percettibili alla coscienza; si pensi a un altro sperimentatore, Anton Giulio Bragaglia che nel 1911 teorizzò il Fotodinamismo Futurista e realizzò le sue foto- dinamiche, fotografie scattate voluta- mente con lunghe esposizioni a soggetti in movimento, cogliendo l’azione nel suo divenire in un’unica immagine. Al di là di queste classificazioni che non han- no la pretesa di ingabbiare i fotografi in definizioni statiche, ciò che vorrei sottolineare è che la psicologia e la fotografia hanno in comune un fine importante: spronarci a guardare le cose da punti di vista diversi. Basti pensare alle note illusioni ottiche, studiate in maniera approfondita dalla psicologia della Gestalt, che in tedesco vuol dire “forma”, un aspetto da cui la fotografia non può prescindere. Anche Leonardo suggeriva agli artisti del suo tempo di osservare le macchie sui muri, le venature dei marmi, le nuvole e la cenere per scorgervi paesaggi ed ani- mali e abbandonandosi alla potenza evocatrice delle “cose confuse”, perché “nelle cose confuse l’ingegno si desta a nuove invenzioni”. Dunque, con gli occhi aperti possiamo provare a guardare ciò che ci attrae, affinché questo possa ge- nerare in noi percezioni completamente diverse di quanto è dinanzi a noi. Così pian piano ci si prepara a compiere tutti gli atti “consapevolmente” per raggiun- gere il risultato finale. Il punto massimo dell’espressione mindfulness del libro citato all’inizio è dunque nello sviluppo della propria creatività, la realizzazione del Sé fotografico. Per lo psicanalista Carl Jung, infatti, raggiungere lo scopo ulti- mo della vita psichica significa costruire una personalità dinamica, orientata verso un perfetto, anche se precario, equili- brio di forze, conseguire una identità autentica, congrua, non “costruita” o “emulata”. E questo vale anche per l’artista.

©2024 by Massimo Lanzaro. 

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